domenica 22 settembre 2019

Premio Nobel a Salvatore Quasimodo: riflessioni dopo sessant'anni.





I PREMI NON FANNO UN POETA, ANCHE SE E' LEGITTIMO CHE UN POETA POSSA ASPIRARVI.

American biologist Arthur Kornberg (left), winner of the Nobel Prize for Medicine for his work (with Severo Ochoa) on RNA, sits with Italian Salvatore Quasimodo (1901 - 1968), winner of the Nobel Prize for Literature, as the pair await the arrival of the King & Queen of Sweden for the awards presentation ceremony, Stockholm, Sweden, December 14, 1959. (Photo by Express Newspapers/Getty Images)
Salvatore Quasimodo (a destra) durante la cerimonia del Nobel




Di Domenico Pisana


Quasimodo è sicuramente, fra i poeti del Novecento, quello che ha subìto da parte della critica gli attacchi più duri e, in alcuni casi, anche di bassa lega.
Il giudizio della critica militante si è snodato su due linee di movimento diverse, che hanno condotto a risultati contrastanti e non tali da poter essere assunti come fonti di indiscutibile autorevolezza, essendo viziati, a mio modesto parere, da pregiudizi mentali e “pre-comprensioni ideologiche”.
È importante, a nostro giudizio, cercare di capire come la critica letteraria si sia posta di fronte al Nobel di Modica, per poi giungere a delle considerazioni conclusive.

domenica 1 settembre 2019

"Il peso della luce" di Giovanni Sepe


di Federico Preziosi 



"Il peso della luce", (Contoluna Editore -  2018)  è una  silloge  di Giovanni Sepe a cura di Giuseppe Cerbino,  un talento spontaneo, probabilmente tra i più genuini che si possano trovare  nel panoroma letterario; egli rappresenta una figura emblematica dei tempi attuali: un  poeta che ha esordito su Facebook. Una nuova figura che  esprime una  verve demiurgica, senza appartenere a un contesto riconducibile alla cultura elitaria e salottiera, essendo oggi la poesia un’arte quasi prettamente esclusiva e poco accessibile a un grande pubblico di lettori.
La poesia dell’autore campano si nutre di immagini semplici, quotidiane e al tempo stesso vivide. Tale approccio esula da un retroterra di natura accademica: Giovanni Sepe non ha scuole alle spalle, e nemmeno riferimenti poetici ben definibili in cui è possibile decodificarlo, tutto sta nella naturale propensione al verso intesa come vera e propria vocazione. Nei suoi testi il linguaggio tende alla semplicità, talvolta anche metrica in endecasillabi spalmata su comuni figure che afferiscono alla realtà circostante: Napoli, i sentimenti, la famiglia, le contraddizioni della vita con forze e debolezze, i desideri, le malinconie del presente e del passato, anche recente.