martedì 19 maggio 2020

"Le parole dell'inquietudine" di Gabriella Paci


Amazon.it: Le parole dell'inquietudine - Paci, Gabriella - Libri
Di Giuseppe Cerbino

La poesia è un canto tanto ostinato e raro, quanto è più praticato da alcuni eletti, è una resistenza per pochi perché  questi ultimi non accettano una felicità d'accatto, preconfezionata. Da sempre il poeta rifiuta la “felicità” (terrena e mondana) perché comprende che la realtà è tragica ed evoca a  sé quel vento di inquietudine stordente i nostri ma che  che stimola le nostre coscienze. Ne è consapevole Gabriella Paci nella sua silloge “Le parole dell'inquietudine” per Luoghi Interiori Editore.

Già dai primi versi del libro si coglie in maniera lucida tale consapevolezza nella misura in cui ciò che ci inquieta non è un ladro che scardina gli infissi delle nostre sicurezze ma è proprio quella zona d'ombra che interpola queste stesse sicurezze. Si vive dell'inquietudine come si vive di un farmaco con fortissimi effetti collaterali che, però, fa tornare alla vita. Senza inquietudine non potremmo nemmeno volgere lo sguardo al Bene; non potremmo cercarlo se non fossimo stimolati da una forma totale di disadattamento al mondo.


Come un vizio caparbiamente presente
è questa mia inquietudine
compagna delle stagioni della vita.
Ciò che consola in questo perenne inferno è la Parola che la Paci riconosce come quell'Eden invisibile eppure “udibile”. 

Ma dentro in sottile segreto
scorre la linfa vogliosa di dieci,
cento nuove primavere. Sopporta
una finta morte in attesa di resurrezione.

L'aspetto pregevole di questa silloge è la presenza di elementi sensoriali declinati in esperienze soprattutto tattili, uditive, olfattive e gustative come a voler ribadire l'aforisma desantexuperiano “l'essenziale è sempre invisibile agli occhi” ma è scorto, sembra suggerire la poetessa, da altri organi; Si enuclea in questo modo  il “paradiso” sotto o dietro l'inquietudine. 

del giorno che pregustava il sapore

di un volo nella vita ignaro
dello scalpello del tempo che
incide solchi nel cuore e nella pelle.
Il dettato che si presenta manifesta la persuasione che tutto debba darsi fuori da ciò che osserviamo del mondo, fuori dalle inquietudini che viviamo. Il mondo ci inquieta perché esso è innaturale e incomprensibile e sembra che non ci sia alcuna opportunità di rettifica. Tuttavia si scorge un'insperata resistenza alla realtà, un modo in cui il paradiso “cova” le sue promesse non senza lottare con la materia. Nemmeno l'azzurro del cielo è esente dalla inquietudine. 

[...]nella lotta di un cielo che
non sa essere quietamente azzurro.
Formalmente, la scrittura della Paci si incammina su un sentiero già battuto, con un simbolismo di maniera senza – però – raggiungere una pedanteria eccessiva. Molte sono le immagini che danno quella sensazione di già detto ma non per questo “usurato”. A mio modo di vedere, questa scrittura evocativa e ammiccante, è funzionale ai temi principali della silloge cari alla poetessa: la memoria e l'incedere del tempo; in tal senso si può sottolineare una sincerità mai edulcorata e mai orientata in favore di luoghi comuni o costrutti troppo leziosi. 
La pregevolezza di questa poesia è soprattutto quella di offrire ancora una volta, versi che aprono una faglia nella realtà granitica e materica, innestando in essa una pianta che ne trae sempre linfa. Il mondo non è uno stato di cose che prevarica ma una dilatazione di senso che ci circonda e non potremmo creare parola se così non fosse. E' questo il “paradiso” a cui accennavo prima: il poeta vede un giardino recinto laddove c'è cemento, ma non è una frusta immaginazione, è la capacità di estrarre la profonda quiete in ciò che da sempre ci inquieta. Le parole dell'inquietudine sono parole che ci portano in altri luoghi ed è per questo motivo che inquietano. Le parole dell'inquietudine non sono parole inquietanti ma parole feconde. 

***


Presunzione

Si profila il timore dell’incerto essere
oggi che il cielo corruscato minaccia
tempesta mentre l’aria brilla di fatuo sole.
Come questo tempo volubile
rapida può mutare la sorte
e dietro l’apparente velo di
quiete si cela l’uragano.

Fragile appare allora il corpo e la sua baldanza
preda d’improvvisi cambi d’umore del destino.

Oggi punge viva la presunzione
di seminare sul foglio bianco parole
da lasciare in dono ai domani nostri ed altrui
nella perenne speranza di nutrire di vita pensata
il nostro fragile andare sotto le intemperie.

***Davanti al mare

Mentre ascolto la voce del mare
rastrello pensieri arenati sulla riva
lambita da un falso sole d’inverno.

Resta aquilone vivente un gabbiano
sospeso controvento nell’aria:
sa che non è tempo di resa
ma di attesa paziente che
la stagione delle burrasche
riporti a terra i corrotti relitti
prima del caldo sole che fa brillare
la sabbia lucente della prospettiva.

La distesa del mare è orizzonte
dove immergere gli occhi per
sentire nel cuore il battito
dell’onda su cui navigano,
sfidando pescatori esperti,
tempeste e arenili sabbiosi,
le barchette di carta dei desideri.


***

Attesa


Vorrei svegliarmi
in un mattino limpido
quando la pioggia della notte
è prigioniera in pozzanghere
che riflettono l’azzurro del cielo
e le lacrime evaporate
in nubi bianche
destinate a pensieri di pace.
Ma punge sempre una domanda
senza risposta, una pena non risolta:
mi accontenterò allora dei pezzi
di cielo
specchiati nel fango
in attesa
di rubare alla notte un sogno
per colorare i mattini di cenere.



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