lunedì 27 luglio 2020

Viviana Viviani _ Se mi ami sopravvalutami


 


Di Beatrice Orsini

Una consapevolezza agrodolce attraversa i testi di Viviana Viviani, ossia lo sfasamento temporale che caratterizza ogni incontro e – per estensione – ogni relazione umana, soprattutto quella amorosa. L’appuntamento è, da sempre, mancato (L’universo non vuole/che ci incontriamo oggi); anzi, in maniera ancora più estrema, si potrebbe dire che l’appuntamento è tale proprio in quanto mancato e, ciononostante, pervicacemente preteso e inseguito (“Ho sfinito le amiche/e mia madre ti odia/non c’è più nessuno/per parlare di te”). Un’antinomia per nulla incoerente si riverbera ad ogni pagina: quella che, da un parte, è avvertita del disincanto insito in ogni amore e, dall’altra, quella che non vuole rinunciare al miraggio dell’altro.


“Ma gli inganni umani sono imperfetti”, obbligando a una giostra infernale che si ripete di volta in volta, illudendo la disillusione stessa. E per dire il tragico dell’esistenza, la Viviani sceglie di abitare la dimensione lieve, ma non superficiale, della commedia. Appoggiandosi ad uno stile linguistico aderente al lessico della quotidianità, financo la più intima, e perfettamente collocata nel tempo odierno dei social (esemplificativa la poesia intitolata “Non mandarmi il tuo c@zzo in chat”), l’autrice riprende in maniera personale un filone già perseguito da altre poetesse, quali Vivian Lamarque, Patrizia Cavalli e, in un certo qual modo, Wisława Szymborska.
Gli amori sono sempre difficili, anche un po’ patetici, non per questo meno autentici nello slancio necessariamente fallimentare che li contraddistingue. Forse per questo occorre un gesto generoso e altruistico che si dia in partenza, una scommessa senza garanzia di reso, quell’appello accorato e quasi adolescenziale con cui la Viviani si rivolge ad un tu non meglio identificato: “Se mi ami sopravvalutami/non cadere nell’inganno/di amarmi per quello che sono/sono stanca di faticare/di dovermi sempre impegnare/tu indossami senza provarmi/comprami senza garanzia/se mi ami sopravvalutami/sii bello e condannato/un premio estratto a sorte/un dono immeritato”.
All’altro non si può che far dono della propria mancanza e l’altro, di contro, non può che amarci per ciò che non siamo, con un atto quasi di fede atea e incosciente nelle qualità che giustificherebbero, agli occhi di terze persone, un presunto amore e che, alla conta dei fatti, nemmeno possediamo. Del resto “Donde non esisteva,/era solo un avverbio./E così in quel momento/sono diventata atea.” Non per questo il desiderio ci abbandona. E, come insegna Calvino, “al termine di un viaggio per raggiungere l’amante, un uomo capisce che la vera notte d’amore è quella che ha passato in uno scomodo scompartimento di seconda classe correndo verso di lei.”.

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