Andrea Zanzotto |
Di Leonardo Tonini
Andrea Zanzotto (1921-2011), nell’ipersonetto, punto centrale e cardine del suo Il galateo in bosco, del 1968, tenta l'esperimento decisamente ardito di vedere quanto sia possibile adattare nel mondo contemporaneo la classicità e quanto questa sia ancora soprattutto fonte di significato e possibile chiave di lettura del presente.
Andrea Zanzotto (1921-2011), nell’ipersonetto, punto centrale e cardine del suo Il galateo in bosco, del 1968, tenta l'esperimento decisamente ardito di vedere quanto sia possibile adattare nel mondo contemporaneo la classicità e quanto questa sia ancora soprattutto fonte di significato e possibile chiave di lettura del presente.
Prende quindi la
forma più adusa delle letteratura italiana (ossia il sonetto) e congegna, proprio all’interno del
suo libro più sperimentale, un capolavoro di rimandi interni alla stessa
costruzione dell’ipersonetto e esterni a tutta la tradizione della poesia
italiana, dalle origini al contemporaneo. L’apparente difficoltà di lettura è
data appunto da questa ipersignificazione, che porta la densità di scrittura a
un livello che è esso stesso metafora della scrittura. Ma andiamo con ordine.
La tradizione
letteraria si è presentata negli ultimi decenni come: «congestionato cimitero di
rottami - griglie interpretative saltate, teoremi scoppiati in aporie,
definizioni perdutesi in sabbie, fraseggi in lingue la cui chiave è stata
gettata»[1]
e viene dai più sentita come monumento, conosciuta a livello scolastico, anche
universitario, ma come abbellimento alla storia patria, sepolcro, come oggetto
di devozione, ma incapace di interpretare il contemporaneo o di fungere da
guida. Vi sono poeti, dice ancora Zanzotto, che si misurano con la tradizione,
e traggono il nuovo da una lotta con il passato, un confronto che il poeta di
Pieve di Soligo definisce nevrotizzato[2],
ma nessuno che prenda il corpus della tradizione letteraria italiana e provi a
vedere fino a che punto davvero essa possa uscire dalla monumentalità e essere
lingua, intesa come strumento per decrittare il mondo e per farne una rappresentazione
spendibile, un agire.
Su questo tentativo,
nell’ipersonetto si stratificano altre volontà che troviamo nel Galateo in bosco
in particolare e in maniera più sfumata nel lavoro di Zanzotto. Il bosco, appunto, come
esplosione di vita e di complessità proteiforme che la vita, specialmente
vegetale, porta con sé. Il sentiero degli ossari, nel doppio significante di
memoria della guerra (c’è appunto presso Pieve di Soligo la Linea degli Ossari, nel Montello) e della crosta
terrestre (la faglia Periadriatica, altra fonte di ricerca del nostro); oltreché
intendere la tradizione letteraria come ossario delle intenzioni degli uomini,
resti fossili di altre volontà di vita. La lingua è una serpe che si divincola tra significato
e significante, che vuole dire e non dice abbastanza e al contempo si tradisce;
e l’andatura stessa della scrittura dei testi, serpeggia tra i molteplici
rimandi letterari e i molteplici livelli di lettura. Il raschiamento del
significato per mettere a nudo la parola, anche attraverso la lingua
balbettante[3]
dei bambini (petel) e dei vecchi (dialetto). Il tutto al fine di stabilire, o
provare se è possibile oggi stabilire, le norme per un futuro approccio
all’utilizzo della tradizione poetica – bene sapendo, Zanzotto, che la funzione
della poesia è ancora e sempre la poiesis, la creazione di immaginario, non quella
di descrivere, ma di rendere visibile.
Non essendo questa la
sede per una analisi puntuale dell’ipersonetto[4],
voglio proporre una parafrasi del primo sonetto, che segue quello chiamato
Premessa di questo libro nel libro formato da 14 sonetti (uno per ogni verso)
più due (in apertura e in chiusura).
I
(Sonetto di grifi e ife e fili)
Traessi dalla terra
io in mille grifi
minimi e in unghie
birbe le ife e i fili
di nervi spenti, i
sedimenti vili
del rito, voglie così
come schifi;
manovrando l’invito
occhial scientifico
e al di là d’esso in
viste più sottili,
da lincee linee
traessi gli stili
per congegnare il
galateo mirifico
onde, minuzie rïarse
da morte
– corimbi a greggia,
ombre dive, erme fronde –,
risorgeste per dirci
e nomi e forme:
rovesciati gli
stomaci, le immonde
fauci divaricate, la
coorte
dei denti diroccata:
ecco le norme.
Si tratta di un unico
periodo che in estrema sintesi vuole dire: io, manovrando con sguardo
scientifico, traggo dalla terra i sedimenti e, al di là di essi, gli stili per
congegnar il galateo mirifico da cui (come ombre e corimbi) e dopo un lavoro di
distruzione (fauci divaricate, la coorte dei denti diroccata), mi vengono
presentate le norme.
Per fare un solo
esempio di cosa intende Zanzotto per uso della tradizione, si può vedere come nel
primo verso compaia la parola grifo al plurale che propriamente è il muso del
maiale, un rimando dantesco con il successivo schifo[5],
sempre al plurale. Dante recita significativamente: non ten vegna schifo […] e
non torcer lo grifo. E subito prima, in Dante come in Zanzotto, si parla appunto
di terra.
Cioè: non aver paura
di metterci il muso nella terra e di trarre i fili di nervi spenti (ife e birbe
sono termini tecnici della botanica, si riferisce in particolare ai funghi), i
sedimenti vili del rito, voglie così come schifi.
Galateo come norma,
anche di comportamento; occhial scientifico richiama Galileo e la scienza che è ricerca di norme.
Mi fermo qui, a poche
indicazioni. Mi preme invece dire che l’operazione di Zanzotto non è sterile
sfoggio di erudizione, ma è appunto ricerca, scavo incessante al fine di
trovare filosoficamente il punto di incontro tra parola e verità, anche tenendo
presente la lezione di Jacques Lacan e il suo parlare difficile come
impedimento/stimolo al desiderio (è la difficoltà che fa crescere il
desiderio). E come salvaguardia dell’insegnamento del passato, poeta come colui
che traghetta dal regno dei morti ciò che salva i vivi dalla disperazione
(Orfeo).
Vero. Spesso il difficile è un filo di seta che avvolge la sottana il semplice la profondità del bravo nuotatore. Mirka
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina