giovedì 15 settembre 2016

Sandro Penna e il desiderio

Sandro Penna insieme a Pier Paolo Pasolini
Di Giuseppe Cerbino

Non è la costruzione il lieto dono
della natura. Un fiore chiama l'altro".

Sandro Penna

Questo splendido distico, che probabilmente risale alla metà degli anni trenta, fu scritto da Sandro Penna (1906 - 1977)  quando venne lasciato dal suo ragazzo Ernesto che volse la sua attenzione verso altri progetti trascurando l'amore per il poeta.

Tuttavia, a prescindere dalla circostanza che l'ha dettata, la lirica rimane un esempio grandioso dell'estetica e dello stile del poeta perugino.
Il primo verso rifiuta di considerare i progetti come un dono felice della natura umana; è come se essi fossero qualcosa di estraneo che, agli occhi del Nostro, più che impreziosire la vita la mortificano.


Penna ricava questo concetto dalla poesia di Saba secondo il quale la vita vera va preservata dalla corruzione della società e dalle ambizioni personali. Già nel Vangelo troviamo scritto che i gigli dei campi e gli uccelli "non lavorano, non tessono", non cuciono, essi sono espressione pura della vita.


Come si può notare, il primo verso ha un carattere dichiarativo quasi ideologico, direi.
Un carattere piuttosto insolito per Penna che si è sempre considerato un poeta degli eventi e non un poeta delle idee. E' come se egli avesse ceduto ad un momento di sconforto per quell'abbandono, tanto da indurlo a superarlo comportandosi da "filosofo" ed elaborare in tal modo una idea sulla vita.

Ma l'indugio filosofico si realizza e si consuma nel breve spazio di un verso e l'intero distico, poi, prende corpo estetico nell'immagine finale ("un fiore chiama l'altro"). Si noti inoltre l'uso dell'enjambement attraverso cui il poeta mette insieme la parola "natura", che fa parte della dimensione dichiarativa, con l'immagine denotativa ricavata in qualche modo dalla realtà; la parola "natura" funge da raccordo tra l'aspetto "teoretico" e quello rappresentativo dell'immagine che è il frutto della genialità lirica di Penna.

L'immagine finale traduce simbolicamente quanto la dichiarazione afferma: la vita non può essere interpretata che stando dentro la vita. Essa non richiede parametri diversi come quelli culturali, decisionali o progettuali. Ciò che prevale è una dimensione biologica - istintuale che si erge a luogo deputato all'amore.

Per amare veramente bisogna consegnarsi ai propri istinti e alla propria biologia. Le ambizioni, le scelte, i progetti non fanno parte della nostra natura anche se ad essi non si può rinunciare ma non possiamo nemmeno permettere che prevalgano.


Quella di Penna è una poesia pura che arriva a liberarsi di tutti i compromessi e di tutti i pudori fissando nel verso perversione e amore in un unico tratto indistinto. La dimensione del desiderio in Penna è così forte che non chiede nulla per essere sostenuta. Essa fa coincidere amore e morte  arrischiandosi con l'oggetto d'amore fino in fondo, fino a toccare l'estremo opposto della vita ma rimanendo nella più potente delle vitalità. 

C'è da chiedersi se, a quasi 40 anni dalla morte del poeta, i suoi versi possano ancora depositare con efficacia il messaggio di cui sono ancora pregni, in un epoca in cui si è ormai mercificato tutto e il desiderio è ciò che viene soddisfatto solo attraverso una compravendita.

Nessun commento:

Posta un commento